Tutti conosciamo l’Amaro Averna, l’amaro Siciliano per eccellenza. Gran parte delle persone conoscono la sua storia, forse in pochi però sanno dove sia nato esattamente.
Sono stata in visita allo stabilimento circa due settimane fa, volevo da tempo entrare nel regno dell’amaro siciliano, ma non ne ho mai avuto modo.
Torno di rado a Caltanissetta. Questa volta, però, vista la mia permanenza un pò più lunga del solito (grazie smart working!), sono riuscita in modo inaspettato e casuale a visitarlo.
Ah, non vi ho detto una cosa. L’Amaro Averna è nato a Caltanissetta, proprio come me.
E ancora oggi, l’antica ricetta è custodita gelosamente qui.
Quello che cercavo da questa visita, era vedere Caltanissetta da un altro punto di vista. E’ una città dell’entroterra siciliano e come quasi tutto l’entroterra non è molto soggetta al turismo. Una terra forse assai sottovalutata perchè non si immagina neanche quanta storia abbiamo da raccontare qui.
Dalle zolfare ai castelli, dalla meravigliosa architettura araba del centro storico e dei suoi pittoreschi vicoli alle sue tradizioni religiose. E poi la pasticceria. Sapevate che il cannolo è nato proprio qui a Caltanissetta? Ma questa è un’altra storia che sicuramente vi racconterò!
A proposito di storia, l’Amaro Averna ha origini proprio in un’antichissima abbazia normanna, Santo Spirito, consacrata nel 1153, ma costruita sicuramente molto tempo prima durante la dominazione araba.
Queste mura sono state abitate fino al 1904 dai monaci Benedettini. Sono proprio loro che hanno creato la ricetta di questo elisir, inizialmente utilizzato perchè aveva doti toniche e terapeutiche.



L’antica e segreta ricetta è composta da un mix di olii essenziali di agrumi di sicilia (arance amare e limone), melograno e… altre 27 tra erbe, radici, cortecce e spezie di cui non conosciamo il nome!
A quei tempi Frà Girolamo decise di donare la sua ricetta ad un benefattore della comunità locale, un mercante di tessuti. Il suo nome era Don Salvatore Averna.



Don Salvatore iniziò a fare una piccola produzione nel suo casale. Ebbe un successo clamoroso.
La ricetta fu tramandata al figlio Francesco, che iniziò a capire le enormi potenzialità di questo prodotto. Prese il suo amaro e lo presentò nelle fiere italiane ed estere. In poco tempo divenne così famoso che rappresentava ormai uno status.
Nel 1912 Vittorio Emanuele III diede ad Averna il diritto di stampare sulle proprie bottiglie il simbolo della casa reale, che possiamo vedere ancora oggi.
Durante il racconto di questa bellissima storia sono stata colpita dal ruolo che ha avuto Anna Maria Averna, la moglie di Francesco, nel periodo fra le due guerre. Siamo negli anni ‘20.
Anna Maria prese le redini del marchio e lo portò ad una forte espansione italiana ed internazionale, insieme ai figli.
Gli anni ‘20 non me li immagino facilissimi per una donna, soprattutto quando la parola donna è associata ad imprenditrice. Ma lei ce la fece.
Nel 1958 Averna diventò una società per azioni e inaugurò lo stabilimento di Caltanissetta, lo stesso che ho visitato qualche settimana fa.
Originariamente lo stabilimento era un monastero, appena entrate percepite subito la magia e la storia che c’è dietro ogni singola pietra.
Osservare ogni strumento storico che veniva utilizzato per produrre l’amaro è un’emozione incredibile. La mia attenzione si focalizzò su una specie di mortaio molto grande dove venivano pestate le erbe (non ricordo bene il nome), volevo simulare il movimento, ma non riuscivo a sollevare il bastone per il peso!
Oggi le macchine aiutano, ma nonostante ciò non si è persa l’artigianalità che rende questo amaro così speciale.




Il profumo di spezie è davvero avvolgente, non ti lascia fino all’uscita, cercavo di chiudere gli occhi per annusare e riconoscere qualche profumo. Missione fallita. Vi chiederete…
ma com’è possibile mantenere segreta una ricetta nella fase di produzione?
Semplice, il nome degli ingredienti non compare mai da nessuna parte. Oggi ci sono sistemi di codifiche particolari, ma tempo fa gli addetti ai lavori (soprattutto per la pesatura e macinatura) si erano ingegnati per dare dei soprannomi ad ogni singolo ingrediente. Ovviamente non conoscevano il contenuto di ciò che stavano lavorando.
Tutti gli ingredienti rimangono in infusione con alcool puro per 30 giorni, un processo lento e molto importante perchè armonizza tutti i sapori e colori, che prepara il prodotto ad essere imbottigliato.
Ho avuto il coraggio di provare il vero cuore del prodotto, questa pozione magica con 95% di alcool non ancora diluita e miscelata con acqua e caramello. In quel momento ho capito perchè i monaci lo ritenevano così terapeutico! Il profumo intenso preparava le mie papille gustative. Indescrivibile.


La ciliegina sulla torta è stato lui, il Don Salvatore Riserva. Invecchiato per 18 mesi in botte di rovere.
Forse ancora non lo sapete, ma sono particolarmente affascinata da questo metodo di produzione. Sia per il gusto, sia per il processo così meticoloso e magico, ma anche per il silenzio e l’atmosfera che si respira nelle stanze dove dormono le botti.
La mia visita si conclude con uno sguardo rivolto verso le dolci colline dalle mille tonalità che circondano lo stabilimento. Dal marrone al verde.
Le nostre colline nissene.
Tornando indietro verso casa ripercorro velocemente l’esperienza che avevo appena fatto, con una riflessione. Sono molto contenta che Amaro Averna, oggi appartenente al gruppo Campari, stia lavorando molto per comunicare la vera essenza siciliana
e di Caltanissetta in particolare. E’ un grande motivo di orgoglio.
Paragono la mia città proprio all’amaro a cui ha dato vita. Dolce e amara al tempo stesso, ma con una grande storia da raccontare.
Oltre ad alcuni scatti che ho inserito qui, non perdetevi il mio video per immergervi completamente in questo racconto!
Lo trovate nella IGTV sulla mia pagina Instagram monia__polizzi

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