Abbiamo percorso 4.600 Km,
abbiamo attraversato quattro stati e due fusi orari
tra canyon, metropoli e città fantasma…
un meraviglioso viaggio lungo 21 giorni!

Da Los Angeles a Las Vegas attraversando il deserto

Il volo dell’American Airlines proveniente da Londra atterrava intorno le quattro del pomeriggio all’aeroporto internazionale di Los Angeles (LAX). Sembrava perfettamente la scena di un film, il sole nel cielo, la macchina targata California, un traffico infernale ci accompagnava verso l’Hotel Solaire, classico motel a una ventina di minuti a piedi da Downtown, cenavamo stanchissimi in un disgustoso postaccio dall’ altra parte della strada e ci addormentavamo alle otto di sera con una velocità imbarazzante, dovevamo smaltire le undici ore di volo e un fastidioso mal di pancia che mi accompagnava già dalla mattina precedente.

Ma come ogni fuso orario degno di nota, alle quattro del mattino eravamo già svegli e alle sei consumavamo una normalissima colazione all’americana mentre familiarizzavamo con il simpatico odore della moquette.

Los Angeles, la città degli angeli, meta per eccellenza delle star del cinema, moltissime strade ricordavano le scene dei film più famosi, a Downtown spiccavano eleganti i grattacieli del Financial District, le strade non pullulavano di persone, sembrava che quella parte di città fosse stata abbandonata, ad esclusione di coloro che l’amavano per davvero.

Percorremmo più di venti chilometri quella giornata, dalla Downtown al Walt Disney Concert Hall, un connubio perfetto di musica e design, dall’ordinatissima Little Tokyo fino ad Olivera street, una delle via più antiche della city, segno indelebile dei vecchi abitanti latino americani. Ad Hollywood lo scenario cambiava completamente, la Walk of Fame era gremita di turisti, ognuno alla ricerca della star preferita. Decidevamo di fare un giro per le colline circostanti passando tra le ville degli attori e dei registi, fino all’incredibile eleganza di Beverly Hills. Per cena decidevamo di tornare in metro verso la Downtown e di cenare con una pizza nel carinissimo Cafè Louis.

Tornavamo in hotel all’imbrunire, il sogno americano era appena iniziato.

Alle sette del mattino eravamo già in macchina in direzione Las Vegas, con colazione già fatta e una grande voglia di viaggiare, dopo due ore di strada deviamo in direzione Calico, lungo la famosa Ghost Town Street. Il caldo iniziava a farsi sentire. Già dall’ingresso si percepiva l’unicità di quella cittadina fantasma fondata a metà dell’Ottocento per lo sfruttamento delle miniere e che fino al 2001 registrava otto abitanti, la casa dello sceriffo, i saloon, il negozio di generi alimentari, una ventina di piccole casupole disegnavano un degno scenario da film western.

Altre due ore e mezza di deserto e dopo un fugace pranzo greco lungo la strada, raggiungevamo Las Vegas nelle prime ore del pomeriggio, il termometro segnava 45 gradi, ma la visione di quei grattacieli in mezzo al nulla creava un alone di curiosità nelle nostre menti. Dopo un paio di orette di relax in piscina prendiamo la navetta che dall’ Holiday Inn ci portava all’ Aria hotel&casinò, durante il tragitto non percepivamo ancora cosa ci sarebbe aspettato da li ad una ventina di minuti, fino a quando dalla scala mobile ci trovammo nel bel mezzo della Strip !

Effettivamente è davvero difficile descrivere Las Vegas attraverso le parole, da un’immagine postata su Instagram la descrivo come un frizzante connubio di luci, musica e divertimento. Ma la city è molto di più, è euforia, è gioco, è l’incantevole presenza di hotel fuori dal normale, grandissimi, di giochi di luci, pool party, feste da mille e una notte, di migliaia di persone affascinati da questo infinito susseguirsi di colori, è un luna park per adulti, è davvero qualcosa di incredibile e sensazionale.

Dal Grand Canyon alla Monument Valley, nelle terre dei Navajo

Il Grand Canyon National Park distava solo, si fa per dire, quattro ore e mezza di auto, alle sei e trenta del mattino, come di consueto, consumavamo già la nostra colazione, Monia conservava con cura una mela e una banana come merenda del tragitto.

La Route 93 collegava il Nevada con l’Arizona attraverso un susseguirsi di fantastici colori, dopo appena un’ora e mezza il fiume Colorado ci degnava una deliziosa vista da lontano, la terra cambiava tono repentinamente, dal marrone al rosso e poi nuovamente marrone, per qualche chilometro incrociavamo la più famosa Route 66 e come per magia si respirava l’aria dei tempi che furono.

Arrivavamo a Tusayan verso le due del pomeriggio, il cielo si era leggermente annuvolato, decidevamo di fare un riposino prima di entrare al parco, ero stanchissimo, crollai in un sonno profondo.

Due ore dopo imboccavamo la Route 64 Est in direzione Grand Canyon, pagavamo l’ingresso, il sonno continuava a prendere il sopravvento, ci chiedevamo ingenui dove fosse nascosta quella meraviglia di cui tutti decantavano l’imponenza.

E‘ davvero difficile se non impossibile descrivere a parole cosa provai una volta svoltato a destra, una volta raggiunto il primo punto panoramico, una fortissima scossa di adrenalina invase il mio corpo all’apparire maestoso del Canyon, un turbinio di colori scavavano la roccia erosa da miliardi di anni di acqua e movimenti della terra.

Dal Desert View tutta l’imponenza del Grand Canyon prendeva il sopravvento, il colore rosso era ancora più evidente, silenzioso il Colorado continuava a scorrere, proprietario assoluto di quella bellezza, dall’altra parte dell’altopiano il deserto, in un connubio di fantastiche emozioni.

L’indomani decidevamo di rientrare al parco e di rivedere il Grand Canyon con le luci della mattina, il navigatore segnava quasi quattro ore alle Monument Valley, attraversavamo euforici i paesaggi dei Navajo, in un’atmosfera che ricopiava ad arte un’autentica cartolina, il paesaggio continuava a cambiare repentinamente, dominava il rosso della terra che poi diventava all’improvviso marrone, poi verde, poi nuovamente rosso.

Lungo il ciglio della strada gli indiani d’America vendevano carinissimi oggetti di artigianato, l’aria era davvero calda.

L’arrivo alla Monument Valley segnava l’ennesima scossa di adrenalina, la visione di quei maestosi speroni di roccia aumentava l’emozione del viaggio, eravamo come per magia all’interno di un film western, il safari ci faceva ammirare da vicino cosa la natura era in grado di creare.

Verso l’ora del tramonto imboccavamo il Trail of the Ancients, la strada che collega la Monument Valley con l’antica cittadina di Bluff, quasi per caso capivamo di essere nella famosa scena di Forrest Gump, quante risate per una delle foto più famose del mondo.

La sera ci ritrovavamo a cenare nel carinissimo ristorante del Desert Rose Inn, felici e immersi tra i canyon.

Samuele Scarpulla Raccontami un viaggio

Dopo qualche ora di macchina, arriviamo euforici all’ Horseshoe Bend, bellezza della natura e parte integrante del Gleen Canyon Park, una breve passeggiata ci divideva da un altro spettacolo per gli occhi e la mente, il fiume Colorado tracciava una semi luna quasi perfetta attorno a un gigantesco sperone di roccia e la visione iniziava a oltre 300 mt di altezza.

Brividi, adrenalina, qualche piacevole tremolio nelle gambe, il tempo passava incredulo dinnanzi a quella meraviglia, decidevamo di passare il pomeriggio nella piscina di uno dei tanti hotel che abbiamo cambiato, la sera ci ritrovavamo a mangiare una Pizza Hut davanti ad un benzinaio, scene da classico film americano.

L’indomani mattina ancora viste emozionanti, il tempo sembrava fermarsi, mentre con quel vecchio fuori strada mezzo scassato raggiungevamo l’Antelope Canyon, non è stata una visita da mille e una notte per i tantissimi turisti presenti, ma i colori, le insenature, quei meravigliosi raggi di sole che entravano dall’alto rimarranno per sempre impressi nella mente.

Nel pomeriggio decidevamo di passeggiare lungo il Lake Powell, nel bel mezzo del Gleen Canyon, il sole era caldissimo, ma i colori di quelle rocce frastagliate creavano dipendenza, la sera un’ottima carne in una Steak House vicino l’hotel e birra al tramonto del lago, si stava delineando uno dei viaggi più belli della mia vita.

Il 17 Agosto è stato forse l’unico giorno davvero stressante della vacanza, ci attendevano sette ore di viaggio prima di fare ritorno a Las Vegas, avevamo goduto pienamente dei meravigliosi paesaggi dello Utah e delle aride zone dell’Arizona, il Bryce Canyon segnava l’ultima tappa degna di nota, un bellissimo balcone naturale ad anfiteatro formatosi dall’erosione dell’Altopiano di Paunsaugunt, caratteristico per le famose formazioni rocciose a spirale (hoodoos), dall’Inspiration Point la vista è mozzafiato.

E’ stato il viaggio più bello della mia vita perché la mattina barcolli tra i canyon e la sera, dopo altre cinque ore di macchina, ti ritrovi immerso nelle luci del New York New York di Las Vegas, tra i ristoranti, la camera panoramica, il casinò e quei corridoi strapieni di gente dove il tempo sembra fermarsi, dove la mente inizia a viaggiare verso mete ancora più lontane. L’indomani mattina lasciavamo Las Vegas dopo la classica foto alla scritta, una voce dall’interno mi sussurrava che molto probabilmente ci ritornerò, più avanti, nel tempo…

San Francisco, tra la nebbia ai piedi del ponte più famoso del mondo

Vorrei raccontare San Francisco con una serie consecutive di immagini, tutte gelosamente custodite nel cuore, nonostante la brutta esperienza in quel polveroso motel, la bellezza della città ha dominato ogni singolo lato negativo.

Per carità non ci aspettavamo tutte quelle faticose salite intervallate da pittoresche discese, forse potevamo solo immaginare la bellezza di Lombard Street, della lunga passeggiata verso il Fishermans’s Wharf con tanto di chioschi e ristoranti che offrivano il granchio in ogni salsa, con Monia decidevamo di mangiarlo al Pier 39, forse il molo più famoso della city, i negozietti e i leoni marini completavano il tutto.

Passavamo spensierati per l’elegante quartiere italiano, ammiravamo i colori dei murales ad Haight St, riuscivamo anche a scambiare due chiacchiere con un artista davanti il Memorial Museum all’interno del meraviglioso Golden Gate Park, avevamo appena passato il ponte, fortunatamente non c’era nebbia anche se il vento soffiava davvero forte.

San Francisco è la città delle libere idee, del libero pensiero, artisti ed intellettuali si trasferirono li per esprimere le loro culture, è la città del micro clima freddo e nebbioso, delle cable car che ti portano a spasso tra i quartieri più antichi, da Union Square fino a China Town passando per il Financial District.

Non è una città da mille e una notte come può essere New York o Shanghai, ma conserva nelle sue viscere un’unicità davvero particolare che si respira nelle strade, nei locali, nei tanti piccoli ristorantini, nel panorama mozzafiato che si ammirava dall’Holiday Inn.

Il secondo giorno decidevamo di visitare l’isola di Alcatraz in un connubio mistico di curiosità e passione, vedere dal vivo quello che i film e i racconti ti dicevano da anni è stato davvero emozionante, alcune scene apparivano ancora crude nonostante siano passati oltre cinquant’ anni dalla chiusura.

Dall’ isola si vedeva San Francisco, il Golden Gate Bridge, i grattacieli, la nebbia che ogni tanto lasciava spazio a qualche timido raggio di sole, la città ha lasciato dentro di me una tenera voce che dall’ estremo occidente potrebbe richiamare bellissimi ricordi.

Da Carmel a Santa Monica attraversando la costa californiana

Lasciavamo San Francisco verso le dieci della mattina, il viaggio stava per terminare, mancavano gli ultimi tre giorni in terra americana, decidevamo di saltare Monterey e di visitare la carinissima cittadina di Carmel, finemente arredata da tenere casette colorate che dal centro storico arrivavano quasi a ridosso dell’immensa spiaggia bianca, peccato che dal mare tutti i giorni si alzava una fastidiosa nebbia e la temperatura non era calda.

Nel grazioso ristorantino greco dove ci siamo fermati per pranzo riuscivamo a trovare un ottimo pane proveniente da Palermo e a degustare un ottimo olio, rarità per la cucina fino a quel giorno praticata.

Nel pomeriggio ci immergevamo tra la natura del Parco Nazionale di Point Lobos, ogni tanto tra i colori bucolici appariva qualche fiore colorato, i leoni marini da determinati punti panoramici erano gli attori protagonisti, mentre in lontananza quasi per magia riuscivamo a vedere addirittura la sagoma di una balena.

La sera dormivamo in un carinissimo motel a Carmel Valley, nel villaggio decidevamo di degustare una serie di vini locali e di cenare con un ottimo hamburger nella Steak House difronte, immersi in un clima da film western.

Continuavamo il nostro percorso a sud, la tappa del viaggio prevedeva una sosta a Santa Barbara, fin dal primo minuto l’approccio con la cittadina è stato positivo, iniziavamo a vedere le immense spiagge dei film californiani, i ragazzi che saltavano con gli skates, le famiglie in bici, pranzavamo fish and chips seduti in un localino del Wharf, mentre la sera decidevamo di passeggiare verso la Downtown e di cenare italiano con tagliere e birra.

L’indomani il navigatore era localizzato verso la spiaggia di Malibù, nonostante il clima non fosse tra i più belli decidevamo di rilassarci in spiaggia in compagnia dei gabbiani, il pomeriggio arrivavamo a Santa Monica, nuovamente Los Angeles, dove tutto ebbe inizio, il Wharf era strapieno di gente, ammiravamo entusiasti l’insegna che segnalava la fine della famosa Route 66 e concludevamo la serata nella zona commerciale.

L’ultimo giorno è stato passato a Venice Beach tra la spiaggia, il clima alternativo, l’incredibile eleganza dei canali in contrapposizione con l’esuberanza dei murales e della gente che li vive. Prendevamo un drink in un bar di cui adesso non ricordo il nome e concludevamo l’ultima cena americana scambiando due chiacchiere con Jolie, stravagante artista conosciuta nel tavolo affianco.

Durante il viaggio di ritorno tante immagini passavano per la mente, ancora vive come in questo momento che aggiorno pensieroso il mio blog.

E’ stato senza dubbio il viaggio più bello della mia vita, forse perché ho visto posti da mille e una notte, forse perché li ho visti con una ragazza da mille e una notte, forse semplicemente perché la vita è un incredibile viaggio e chi viaggia vive due volte.

4 Commenti

  • Ilaria Pietropaolo
    Inviato 28 Aprile 2019

    Wow, leggendo le tue parole sembrava di essere lì.. utilissimi gli spunti. Grazie Samuele😊✌

  • Anonimo
    Inviato 22 Giugno 2019

    Bellissimo Blog! Grande Samu!

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