Dopo oltre dieci anni decidevo di ritornare a Palermo per un weekend. Tanto tempo era passato.
Questi mesi di lockdown hanno riacceso una fortissima voglia di vivere la mia Sicilia. Terra dolce come le paste di mandorla ed aspra come il limone.

Cercavo sul web l’origine del nome. I primi fondatori, i Fenici, la chiamarono Zyz (in lingua punica significa fiore). Forse per la forma che la città aveva dall’alto, siamo nel lontano 700 a.C.
I Greci la rinominarono Panormos, che tradotto significa “tutto porto”.

A quei tempi le città fenice vivevano di traffici marittimi e di commercio. Anche se i Greci non riuscirono mai a conquistare la parte occidentale dell’isola, il loro nome si diffuse velocemente.

Per gli arabi divenne Balarm, per i Normanni Balermus.
Basterebbe passeggiare per un’ora tra le splendide vie del centro storico, per capire che Palermo è stata una delle città più invase delle storia. E’ un incredibile museo a cielo aperto dove si susseguono, quasi come sfogliando un libro di scuola, mosaici bizantini, edifici arabi e normanni, chiese barocche, antichi mercati popolari.

Se a questo aggiungiamo l’infinita varietà di street food, una deliziosa pasticceria, antiche tradizioni che si tramandano da generazioni, è difficile non innamorarsi di Palermo dopo appena qualche ora.

Piazza della Vergogna e il Monastero di Santa Caterina

Passate almeno due notti in città, ci sono tantissime cose da vedere. Se riuscite a farne tre ancora meglio. Palermo ha bisogno di essere vissuta in ogni angolo, in ogni vicolo. Noi abbiamo soggiornato al B&B I Quattro Canti, in pieno centro storico. Mi sono lasciato trascinare dalla fantastica posizione, proprio di fronte Piazza Pretoria (o della Vergogna per i palermitani e dopo vi spiego perchè).

A piedi è possibilissimo visitare gran parte delle cose più belle, oltre ad un ottimo rapporto qualità-prezzo. Le camere sono comode e pulite e dal quinto piano si accede ad una terrazza panoramica con una vista mozzafiato.
Da qui è possibile bere un drink la sera o fare colazione al mattino, tra le cupole del centro e il mare sullo sfondo.

Era ancora troppo presto per fare il check-in. Volevamo iniziare subito a vivere la città. Proprio da Piazza Pretoria. Considerando che adoro letteralmente questo luogo, abbiamo speso più di trenta minuti a fotografare le oltre quaranta statue che si incastrano, con un connubio quasi perfetto, tra le chiese e i palazzi.
Una leggenda narra che le monache di clausura, che vivevano nel convento accanto la piazza, mortificate e vergognate dalla nudità delle statute, le dannaggevano. Ecco l’incredibile leggenda di Piazza della Vergogna, un luogo magico e ricco di dicerie popolari.

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Proprio alle spalle della piazza è situato un vero e proprio gioiello palermitano. Il Monastero di Santa Caterina. Non l’avevo mai visitato le volte precedenti. Spendete circa due ore del vostro tempo e vi suggerisco di prendere il biglietto completo ( 10 euro) e vivere tutta la storia e l’atmosfera di questo luogo.
La chiesa è un’esplosione di barocco, tra i marmi dell’altare maggiore e gli affreschi del soffitto, mentre dal cortile è possibile ammirare i piccoli balconi dove le monache si affacciavano.

Dal cortile si accede almonastero.  Fondato nel 1311 e divenuto uno dei più importanti della città. Le religiose professavano la regola di San Domenico, tra preghiera contemplativa e studio. Visitando le stanze, i corridoi e l’appartamento della Priora è impossibile non immedesimarsi tra il sacro e il profano. E’ stato abitato fino al 2014.

Salite sui tetti per ammirare un bellissimo panorama e non dimenticate, prima di andare via, di passare dall’antica dolceria del monastero. “I segreti del chiosco” conserva le antiche ricette delle monache che un tempo realizzavano biscotti, frittelle, pasticciotti ripieni, la cui vendita rappresentava un’ottima fonte di reddito. Oggi questa tradizione deve essere assolutamente conservata nel tempo.
Assaggiate un dolce (i cannoli sono giganteschi) e fatemi sapere.

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L’itinerario arabo-normanno e il mercato del Capo

Uscendo dal Monastero, ci troviamo catapultati in Piazza Bellini.

Qui sorgono, una accanto all’altra due chiese di altissimo spessore. La chiesa della Martorana è una miscela di forme bizantine e normanne, dove all’interno possiamo ammirare un tripudio di affreschi e mosaici.

La chiesa di San Cataldo, invece, presenta un inconfondibile stile arabo. Le tre pittoresche cupole rosse sono l’immagine di Palermo nel mondo.

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E’ appena iniziato l’itinerario arabo-normanno, patrimonio dell’umanità Unesco, che prosegue passeggiando per Via Vittorio Emanuele fino all’imponente Cattedrale.
Siamo adiacenti alle antiche mure puniche-romane che delimitavano il primo insediamento fenicio. Vi ricordate l’antica Zyz? ( le due Z sono da pronunciare come S) Ecco, immaginatevi di essere li.
L’imponenza della Cattedrale si perde a vista d’occhio. Siamo nuovamente ad un appuntamento con la storia. Un importante luogo di culto, per svariati anni trasformata in moschea dagli arabi, ritrovava l’originale culto cristiano con i Normanni.

Non voglio tediarvi con altri cenni storici, ma lasciarvi ammirare la sua bellezza con questa fotografia.

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Guardavo lo smartphone. Si stava avvicinando l’ora di pranzo. Non puoi dire di aver vissuto Palermo senza una passeggiata in uno dei mercati storici popolari. Tra i più famosi in città ricordiamo quello di Ballarò e la Vucciria. Guardando la mappa e chiedendo suggerimenti in giro, decidevamo di pranzare in un altro luogo storico, il Mercato del Capo. Alle spalle della Cattedrale, imboccate Salita Artale e vi troverete catapultati nei colori dei carretti siciliani.

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Franco Bertolino rimane uno degli ultimi costruttori e decoratori di questo importante pezzo di storia. Oggi esempio emblematico del folklore siciliano. Il museo era momentaneamente chiuso e abbiamo potuto ammirare l’unico carretto esposto al di fuori. Ma se avete tempo potrebbe essere un’altra chicca da aggiungere alla vostra esperienza.

Dopo 10 minuti di passeggiata arriviamo al mercato del capo, siamo nel cuore del vecchio quartiere arabo degli Schiavoni. Il tempo sembra come fermarsi, tra i colori accesi delle bancarelle, gli odori e le urla dei venditori. Si può trovare di tutto. Dalla frutta, al pesce, passando per i prodotti tipici sotto vuoto come pomodori secchi, spezie, alici sott’olio.

Il mercato del capo è assai famoso per lo street food palermitano. Ecco perchè decidevamo di pranzare qui.
Coppi di pesce fritto, verdure in pastella, panelle, crocchè, oltre all’immancabile arancina. Si, qui a Palermo è assolutamente al femminile!
Noi provavamo le polpette di pesce spada, il formaggio in pastella e un’ottima caponata, il tutto impreziosito da un’atmosfera da altri tempi.

Lasciavamo il mercato e ritornavamo lungo l’itinerario arabo-normanno. Erano le 15.35 quando raggiungevamo il Palazzo Reale. E’ la più antica casa reale d’Europa, dimora dei sovrani del Regno di Sicilia.
Successivamente sede imperiale e dello storico parlamento siciliano, uno dei più antichi al mondo.

Camminare tra le stanze del Palazzo Reale significa sfogliare nuovamente un libro di scuola. Si alternano influenze arabe con mosaici bizantini. Il culmine della meraviglia viene raggiunto una volta dentro la Cappella Palatina. Consacrata nel 1140 sempre da Ruggero II, sorprende per i mosaici e gli affreschi. Noi siamo rimasti senza fiato. Il Daily Telegraph la inserisce tra le venti chiese più belle del mondo!

Concludete l’itinerario arabo-normanno visitando la Chiesa di San Giovanni degli Eremiti. Proprio sotto le mura del Palazzo Reale, sorge quest’altra perla di epoca ruggeriana. Vi colpiranno fin da subito le grandi cupole rosse e le forme arabeggianti. Con il biglietto (6 euro) è possibile ammirare anche il chiostro del XIII secolo.

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L’opera dei pupi e la Vuccirìa, pezzi di storia di Palermo

Ci stavamo follemente innamorando di Palermo, ed eravamo in città da appena 6 ore. Volevamo ritornare a piedi verso il B&B per fare il check-in, una doccia veloce ed uscire per l’ora dell’aperitivo. A due passi dalla chiesa di San Giovanni degli Eremiti, ci aspettava una piacevolissima sorpresa.

Quasi per caso incontravamo Franco Cuticchio  il Teatro dei pupi.

L’opera dei pupi è una straordinaria tradizione siciliana che si tramanda nel tempo. Nasce intorno al 1700 e ha come figura cardine il puparo. I protagonisti sono dei pupi in legno riccamente decorati. Si narrano e si tramandano le storie di Carlo Magno e dei suoi paladini. I più famosi sono Rinaldo e il cugino Orlando.
Purtroppo intorno agli anni Cinquanta questa tipologia di teatro ha visto un grande periodo di declino.

Nel 2008 l’UNESCO ha inserito l’opera dei pupi tra i beni immateriali dell’umanità.
Sono pochissime le famiglie, in Sicilia, che continuano a tramandare questa tradizione. La famiglia Cuticchio a Palermo, ne è un esempio. Visitavamo la bottega e assistevamo, con un pizzico di fortuna, allo spettacolo delle 17.00. Risate, applausi e stupore, per un’arte più unica che rara. Eravamo davvero felici.

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In venti minuti rientravamo in B&B. Giusto il tempo di fare una doccia e correvamo ad ammirare il tramonto dalla terrazza. Sulla strada principale c’erano ancora le luminarie per la festa di Santa Rosalia.
Dinnanzi a noi una bellissima vista, le cupole delle chiese e della Cattedrale, mentre sulla sinistra il porto e il mare.
Prima di cena decidevamo di fare una passeggiate lungo la Via Maqueda. C’era tantissima gente e i locali erano già pieni. Passavamo davanti “Ke palle”, dove in vetrina si possono ammirare arancine di svariati gusti e davanti Ciurma, l’officina del pesce di Palermo.

La nostra passeggiata terminava al Teatro Massimo. Assai scenografico soprattutto quando la sua facciata neoclassica è illuminata per la sera.
Dopo cena, concludevamo la nostra infinita giornata facendo due passi alla Vuccirìa. In palermitano questo termine significa “confusione”. Storico mercato del pesce di giorno e divertente ritrovo per i giovani la sera, dove le bancarelle e le “abbanniati” dei venditori, lasciavo spazio a piccoli localini di tendenza.

Palermo fuori le mura

Dopo una piacevole colazione in terrazza, riuscii a convincere Monia ad andare a visitare le Catacombe dei Cappuccini. Da Piazza delle Vergogna sono circa venticinque minuti a piedi attraversando la Cattedrale, il Palazzo dei Normanni e le antiche mure puniche della città. Siamo nel quartiere Cuba.

E’ sicuramente una visita macabra, ma comunque ricca di fascino. Nel corso della
storia molti studiosi ed intellettuali hanno visitato questo cimitero, in stile gotico, scavato sotto la chiesa e che per oltre trecento anni ha ospitato le salme di notabili, politici, uomini, donne e bambini.

Da non perdere fuori le mura il Palazzo della Zisa e il Palazzo della Cuba, altri due gioielli del patrimonio arabo-normanno.

Gli Emiri portarono in Sicilia una cultura elevatissima e fecero della loro capitale, Palermo, una delle città più belle del Mediterraneo.

I Normanni ebbero l’apertura mentale di non distruggere, ma di assorbire il sapere della civiltà islamica in Sicilia. Questi due meravigliosi palazzi ne sono l’esempio. Commissionati dai re normanni e realizzati dalle maestranze islamiche. Meraviglia.
Il Palazzo della Cuba attende di essere inserito nell’elenco dei siti patrimonio dell’umanità dell’Unesco.

Vicoli e Street food

Il giro fuori le mura ci aveva accompagnati per tutta la mattina, era quasi ora di pranzo. A Palermo, una cosa è certa, è impossibile non trovare qualcosa di buono da mangiare. Ripercorrevamo al contrario la stessa strada dell’andata, Via Vittorio Emanuele.

Scoprivamo quasi per caso un bellissimo vicolo. Migliaia di persone, ogni giorno, ci passano davanti. Anche noi, nei due giorni palermitani, ci siamo passati diverse volte, senza mai entrare.

Eppure Vicolo Brugnó è sempre lì. Davanti l’imponente Cattedrale. Durante i festeggiamenti di Santa Rosalia si veste a festa. Le luci, i murales, i fiori in onore della Santa.

Una vecchietta è seduta davanti la porta di casa e osserva.

I vestiti sono appesi ad asciugare. In cielo brilla il sole. Il vicolo però è coperto da una piacevole ombra. Se passate davanti la Cattedrale di Palermo, fate attenzione dall’altra parte della strada. Noi l’abbiamo scoperto per caso. Gli addobbi per la festa erano già stati tolti, a parte le luminarie. Il fascino di vicolo Brugnó, rimane intatto nel tempo.

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In 15 minuti eravamo arrivati in fondo alla via, esattamente a Piazza Marina. Dal 1992 esiste Franco U Vastiddaru. Icona per eccellenza del cibo di strada palermitano. In 5 minuti ci facevano accomodare, c’era l’imbarazzo della scelta. All’inizio volevo mangiare, tantissimi anni dopo, “U pani ca meusa”. Tipico panino morbido con sesamo, ripieno di milza e polmone di vitello, precedentemente bolliti e fritti, con caciocavallo o ricotta grattugiata.

Optai per un pane e panelle , farina di ceci fritta e una spruzzata di limone. Monia, invece, prese un buonissimo panino ripieno con parmigiana di melanzane.
Eravamo nel regno dello street food palermitano, non potevamo non provare le arancinette, due alla carne e due al burro, birretta e via verso dimensioni parallele. Esperienza di gusto assolutamente da provare.

Subito dopo pranzo, mi accorsi di essere vicinissimo ad un altro punto di interesse di notevole fattura. Non incluso nei classici itinerari della città, ma non per questo meno bello. Sto parlando dell’Oratorio di San Lorenzo. Un luogo di una bellezza infinita, provare per credere.

Era giunto il momento di fare un bagno al mare. Noi per esigenze personali avevamo la necessità di avvicinarsi verso casa, ma a voi suggerisco un tuffo, un pò di sole e una granita nel bellissimo lungomare di Mondello. La spiaggia, per eccellenza dei palermitani. L’acqua è azzurra tutto l’anno e potete godere di una bellissima vista sul Monte Pellegrino.

Non visitavo Palermo da tantissimi anni. Per un amante della storia, dell’arte e del cibo come me, Palermo è un’esperienza unica, gratificante, a tratti emozionante. Se possiede quasi una decina di siti Unesco qualcosa vorrà dire. Se a questo aggiungiamo le panelle, u pani ca meusa, le arancine, i cannoli, i fritti di pesce, i
mercati popolari, i vicoli, l’azzurro del mare, il sole quasi tutto l’anno, l’opera dei pupi, le strada che raccontano storie, il calore delle gente,

è impossibile non innamorarsi di Palermo, oggi e per sempre.

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